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Analisi di Bilancio: cos’è? Come si fa? A cosa serve?
In questo post, importantissimo se hai un’azienda, in particolar modo una pmi, saprai finalmente come fare un’analisi di bilancio di qualità, per ottenere vantaggi fondamentali, come il miglioramento del tuo equilibrio finanziario, della tua solidità e quindi anche della tua immagine nei confronti della banca.
Tali vantaggi ti consentiranno nel lungo termine di ottenere migliori rapporti con le banche e maggiore credito, che significano ovviamente maggiore sicurezza e opportunità di crescita per la tua azienda.
Insomma, come sai il rapporto dell’azienda con i portatori di interesse ed in modo particolare con le banche oggi è fondamentale. Dunque, conoscere lo strumento della qualità per l’analisi di bilancio dei risultati aziendali è un aspetto vitale per la tua impresa: non puoi farne a meno!
Leggi con attenzione, entriamo nel dettaglio sull’utilizzo dell’analisi di bilancio per le Pmi e di come fare l’analisi per avere più credito e stabilità.
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Analisi di Bilancio e PMI: Come la Banca Fotografa l’Impresa
Per la stabilità dell’azienda non conta soltanto il livello tecnologico, ma anche l’immagine “trasmessa” alla banca. Vediamo quindi come fare per comunicare un’immagine finanziariamente equilibrata e quindi ottenere maggior credito.
Eccellenza produttiva, nicchie di mercato, qualità elevata. Bravura nell’intercettare e soddisfare il bisogno, nell’imporre il proprio marchio… Tutti aspetti chiave del successo d’impresa. Tutti fattori da non sottovalutare assolutamente. Manca però ancora un elemento per rendere esaustivo l’elenco: la qualità dell’affidabilità finanziaria.
Non conta soltanto il livello tecnologico , ma anche l’immagine della qualità finanziaria trasmessa alla banca. Equilibrio finanziario ed equilibrio economico sono due componenti imprescindibili per rimanere sul mercato.
Le imprese non falliscono tanto perché i ricavi crollano, o perché il prodotto è scadente, ma piuttosto perché non dispongono della necessaria liquidità per onorare i propri debiti. Lapalissiano, ma profondamente vero.
Comunicare agli istituti bancari una immagine finanziariamente equilibrata significa ottenere maggior credito. Procacciarsi le risorse finanziarie necessarie per crescere prima di iniziare la crescita e prima che il bisogno finanziario si manifesti, significa evitare il default, sopravvivere, restare sul mercato, prosperare.
Come Fare un’Analisi di Bilancio Efficace
Analizzare il proprio bilancio avendo coscienza di cosa la banca si aspetta di trovarci può evitare molti fastidi. Adottare strategie di bilancio in sintonia con le aspettative dei nostri partner finanziari significa porsi in posizione privilegiata. Significa trovare davanti a noi porte aperte anziché sbarrate.
Il nostro rating, la nostra valutazione finanziaria dipende da una serie di fattori:
- il bilancio
- gli andamentali (centrale dei rischi, percentuale insoluti…)
- i cosiddetti intangibles o aspetti “qualitativi”.
E’ necessario che l’imprenditore prenda coscienza della valenza del proprio rating, che può portarlo a prosperare o a fallire. Analizzare periodicamente le componenti del rating, mescolandole tra loro, è un aspetto fondamentale per il successo dell’iniziativa imprenditoriale.
Il bilancio rappresenta una fotografia importante dell’impresa. Un’immagine con molti limiti se vogliamo: è statica (fotografa un momento molto breve il 31 dicembre di un anno), rappresenta il passato e non il futuro, presta il fianco a qualche manipolazione contabile. Ma è pur sempre il documento che traccia il profilo finanziario di una impresa, la sua credibilità finanziaria. O almeno così la pensano le banche… Bisogna dunque prestare molta attenzione al documento che intendiamo mettere nelle loro mani. L’analisi di bilancio e la conoscenza dei valori che un analista bancario si aspetta di trovare all’interno del documento in questione ci aiuta ad ottenere credito.
L’EQUILIBRIO FINANZIARIO
Il documento principe da cui estrapolarlo è da sempre lo Stato Patrimoniale. Possiamo dividere uno stato patrimoniale in cinque macrocategorie, di cui due costituiscono le attività e tre le passività. Tra le prime due le immobilizzazioni e l’attivo circolante, tra le seconde il patrimonio netto, i debiti a medio lungo termine e i debiti di breve termine (i cosiddetti debiti di funzionamento).
La prima e più importante variabile che va presa in considerazione è il rapporto tra patrimonio netto e totale di stato patrimoniale riclassificato. Esso dovrebbe raggiungere almeno il 25%, vale a dire che per ogni 100 euro investiti in azienda, almeno 25 dovrebbero essere usciti dalle tasche dell’imprenditore. Più il rapporto scende al di sotto della soglia, più l’azienda è sottocapitalizzata, minori saranno rating e appetibilità bancaria.
FONTI INTERNE > 1/4 DEL TOTALE DEL PASSIVO
Un altro ottimo indicatore per misurare l’equilibrio finanziario è il cosiddetto leverage o indice di indebitamento. Ci sono diversi modi per calcolarlo. Alcuni a numeratore del rapporto inseriscono tutte le passività, indistintamente. Altri soltanto i debiti verso il sistema bancario, siano essi di breve o di medio termine. Altri ancora soltanto i debiti verso le banche a medio termine. In ogni caso a denominatore compare sempre lo stesso elemento: il patrimonio netto. Più l’indice si innalza e più l’azienda è sottocapitalizzata.
PFN
——————- < = 4
PN
Dove
PFN= Posizione Finanziaria Netta (debiti verso le banche a breve e medio termine)
PN= Patrimonio Netto (Capitale sociale + Riserve + utile d’esercizio)
Valori inferiori a 4 identificano una situazione ottimale. Nel considerare però il livello ottimale del leverage, occorrerebbe anche considerare alcune altre variabili, quali il costo del debito, il cash flow generato dal business e la redditività operativa generata dalla gestione. In generale aziende in grado di produrre maggior cash flow (con valori, rispetto al totale attivo di stato patrimoniale, superiori ad esempio al 7%) e che espongano Margini Operativi Lordi interessanti (diciamo superiori al 15% rispetto ai ricavi) possono superare il livello di soglia su esposto (leverage minore di 4), grazie alla forte capacità di generare reddito (e quindi di rimborsare) dell’azienda.
Non va trascurato nemmeno il rapporto tra debiti verso le banche e ricavi. Non ha senso essere esposti verso le banche per un importo pari ai ricavi, anzi sarebbe bene che l’esposizione bancaria complessiva (debiti a breve, compreso lo smobilizzo crediti, più debiti a medio termine) non superasse un terzo i ricavi. Tale soglia può essere superata se il debito è per la stragrande maggioranza costituito da smobilizzo crediti e l’azienda sostiene pochi ritorni di insoluti, oppure se la redditività aziendale è molto elevata e quindi in grado di ripagare in poco tempo grosse fette di debito.
INDEBITAMENTO V/ BANCHE A BREVE E M/L < 1/3 DEI RICAVI
Ancora un indicatore interessante, che tira in ballo anche un componente di conto economico, il Margine Operativo Lordo o Ebitda:
PFN
———————- < = 3
MOL
I debiti verso le banche non devono superare il triplo del Margine Operativo Lordo generato dall’impresa, altrimenti manca la linfa per rimborsare i prestiti.
Rimanendo in tema di equilibrio finanziario occorre menzionare anche un altro indicatore:
MON
—————- > 1
O.F.
Dove:
MON= Margine Operativo Netto o Ebit
OF= Oneri Finanziari
Nel seguito dell’articolo vedremo nel dettaglio come si formano Margine Operativo Lordo e Netto in conto economico. Il concetto che sta alla base di questo indice è la considerazione che il Margine Operativo Netto deve essere più che sufficiente a coprire il peso degli oneri finanziari che l’impresa paga.
Restando in tema di equilibrio, è buona cosa dare un’occhiata anche a crediti e magazzino: Non è ammissibile avere crediti verso clienti o rimanenze pari ai ricavi, indipendentemente dalla tipologia di attività svolta.
CREDITI VERSO CLIENTI <= 1/4 RICAVI
MAGAZZINO <= 1/3 RICAVI
Una breve riflessione sulle immobilizzazioni e sul loro valore di bilancio. Una valutazione oggettiva della patrimonializzazione aziendale non dovrebbe prescindere da una corretta valutazione del reale valore delle immobilizzazioni iscritte a bilancio. Tali beni, per il fatto di essere iscritte a costo storico o, peggio ancora, a prezzo di riscatto in caso di acquisto tramite leasing, possono essere sottovalutate. Salvo che l’azienda non abbia sfruttato le possibilità offerte in tema di rivalutazione monetaria negli ultimi anni. E’ buona norma informare gli istituti bancari sul reale valore dei propri assets, unendo al bilancio una stima del valore reale delle immobilizzazioni qualora distanti dal valore contabile espresso in bilancio.
Riguardo alle immobilizzazioni, un indice di struttura interessante che segnala se l’acquisto dei beni durevoli (immobilizzazioni) è stato finanziato con strumenti di medio termine (i cd. Capitali Permanenti, ossia capitale proprio e finanziamenti a medio termine) oppure no è il seguente:
CAPITALI PERMANENTI
—————————————— > = 1,25
ATTIVO IMMOBILIZZATO
L’indicatore segnala valori positivi quando è superiore a 1,25. In tal caso le immobilizzazioni sono state tutte finanziate con strumenti di medio e lungo periodo.
L’EQUILIBRIO ECONOMICO
Il bilancio deve esprimere elevata capacità di rimborso, l’azienda deve generare cash flow. Senza cash flow viene a mancare il carburante necessario per rimborsare i finanziamenti. Il concetto di cash flow utilizzato dal sistema bancario è inteso in senso restrittivo (utile netto + ammortamenti). Analizzarlo in valore assoluto poi, non ha molto senso; va piuttosto raffrontato con le risorse che l’impresa ha approntato per crearlo (totale dell’attivo di Stato Patrimoniale riclassificato). Un valore del rapporto (cash flow/attivo) inferiore al 4,5% è da considerarsi insoddisfacente.
CASH FLOW
———————- > = 4,5%
TOT. ATTIVO
Va anche preso in considerazione un altro indicatore, che segnala l’efficienza della gestione industriale di un’impresa e di cui abbiamo già accennato prima legandolo ad elementi di stato patrimoniale al fine di ricavare indici di bilancio: il margine operativo lordo, ovvero quanto l’aziende produce in termini di reddito operativo lordo, considerando unicamente la gestione tipica prima degli ammortamenti (valore della produzione-costi industriali, commerciali, amministrativi-canoni di leasing-costo del lavoro). E’ l’indicatore da preferire rispetto al Margine Operativo Netto (che tiene conto anche degli ammortamenti), perché si presta meno facilmente a manipolazioni di bilancio (ammortamenti anticipati…) e rappresenta più fedelmente la realtà aziendale. Rispetto ai ricavi, il M.O.L. dovrebbe essere pari almeno al 7 – 8%.
MOL>=8%
Ecco di seguito la sua modalità di calcolo. Un risultato intermedio visualizzabile prima di raggiungere la quantificazione del MOL è rappresentato dal Valore Aggiunto, cioè dalla differenza tra i ricavi di vendita (considerando il livello delle scorte), gli acquisti e i costi per servizi e godimento beni di terzi:
Ricavi di vendita
+Variaz. riman. semil. e prodotti finiti
+Incrementi immob. materiali per lavoraz.
+Contributi in conto esercizio
—————————————————-
VALORE DELLA PRODUZIONE
-Acquisti netti
+Variaz. materie prime
-Costi per servizi e godimento beni di terzi
—————————————————-
= VALORE AGGIUNTO OPERATIVO
La sua percentuale rispetto ai ricavi ci dice qual’è il ricarico sui prodotti di nostra fabbricazione o commercializzazione. Nei costi per servizi e godimento beni di terzi sono incluse le spese per eventuali lavorazioni svolte all’esterno da qualche nostro terzista, i canoni di leasing, gli affitti che siamo tenuti a pagare, le parcelle dei professionisti di cui ci avvaliamo…
Dal Valore aggiunto sottraendo il Costo del lavoro otteniamo il Margine Operativo Lordo:
Valore Aggiunto Operativo
-Costo del lavoro
———————————
MARGINE OPERATIVO LORDO
Esso rappresenta il più interessante indicatore reddituale, che non tiene conto dei cosiddetti costi non monetari, vale a dire ammortamenti, svalutazioni e accantonamenti operativi.
Margine Operativo Lordo
-Ammortamenti immobilizzazioni materiali
-Svalutazioni del circolante
-Accantonamenti operativi per rischi ed oneri
——————————————————-
MARGINE OPERATIVO NETTO
Il Margine Operativo Netto segnala la redditività della nostra gestione operativa (quanto ci rende svolgere l’attività tipica dell’azienda) senza considerare il peso degli oneri finanziari (interessi passivi che paghiamo alle banche, oneri bancari…).
Riguardo agli oneri finanziari, la misurazione che maggiormente li coinvolge in ambito finanziario è quella che li rapporta ai ricavi. Essi non dovrebbero mai raggiungere un ammontare superiore al 5% dei ricavi, appunto.
ONERI FINANZIARI< 5% RISPETTO AI RICAVI
L’andamento discendente dei tassi negli ultimi anni porta però a rivedere a mio parere la soglia (il “muro” del 5%) rivisitandola verso il basso, intorno al 3%.
ONERI FINANZIARI< 3% RISPETTO AI RICAVI
Gli oneri finanziari, come già detto prima forniscono però anche un’altra interessante informazione se rapportati al MON:
MON
—————- >1
O.F.
Il rapporto infatti, come già accennato, segnala se la redditività operativa è sufficiente a sopportare l’incidenza della gestione finanziaria.
Riguardo agli indici di redditività, uno dei più utilizzati è il ROI (Return on Investment); misura la redditività del capitale investito nella gestione caratteristica:
Reddito Operativo (o MON)
ROI = ———————————————————-
Capitale invest. nella gestione caratteristica
Il numeratore tiene conto unicamente del reddito prodotto dalla gestione caratteristica dell’azienda (Margine Operativo Netto), trascurando l’impatto dell’area finanziaria (oneri bancari, interessi attivi e passivi…) e dell’area straordinaria (plusvalenze, sopravvenienze…). Rapportato al capitale investito affinché l’azienda esista e produca (praticamente il totale delle attività di Stato Patrimoniale, depurato di eventuali Titoli in portafoglio e immobili civili) ci indica quanto rende lo svolgere un’attività produttiva piuttosto di un’altra.
Riguardo poi al costo del debito, un interessante considerazione si può sollevare partendo dall’analisi del ROD (return on debit), ovvero del costo del debito, rapportato al ROI (return on investment) prodotto dall’impresa.
Oneri Finanziari Netti
ROD= —————————————————————————–
Debiti verso banche a medio e breve termine + Debiti verso fornitori
Reddito Operativo
ROI= ———————————————————————
Capitale investito nella gestione caratteristica
Il ROD segnala quanto costa all’impresa il debito contratto con fornitori e banche. Il ROI definisce invece la redditività operativa dell’impresa. Stabilisce quanto rendono i soldini investiti a vario titolo nel business, siano essi di provenienza dell’imprenditore, delle banche o dei fornitori. In generale se il ROI supera il ROD all’impresa conviene indebitarsi, perché il costo del debito viene coperto dalla redditività operativa. Anzi, più il gap tra i due valori cresce a favore del ROI e più a tutti conviene che l’impresa si indebiti e si espanda, sia all’imprenditore che ai finanziatori (banche…). L’effetto di leva moltiplicato per il differenziale positivo tra ROI e ROD esprime la potenzialità in termini di redditività (PR) dell’impresa.
PR = (ROI-ROD)* LEVERAGE
Tuttavia livelli troppo elevati di debito compromettono l’equilibrio finanziario dell’impresa, peggiorando leverage e livello di patrimonializzazione. Al di là delle osservazioni fatte sopra conviene non esagerare con l’indebitamento. Tutti i sistemi di rating degli istituti di credito contengono almeno uno dei due indicatori esposti (leverage o grado di patrimonializzazione) e la loro incidenza sul voto finale da assegnare all’impresa è tutt’altro che marginale…
(per maggiori approfondimenti vedi Finanziamenti e credito, Novecento Media)
L’indebitamento delle imprese in Italia riguarda 3 imprese su 10 in un quadro di generale debolezza dell’ecosistema banche-PMI: il sistema imprenditoriale è caratterizzato dallo eccesso di debito, a fronte di un sistema bancario focalizzato su redditività, capitale e riserve per fare fronte al credito deteriorato (=>leggi il Rapporto Bankitalia su credito e PMI). Eppure, se la banca imparasse a prevenire la crisi d’impresa, ascoltando l’azienda e condividendone il rischio, entrambe ne trarrebbero giovamento. Vediamo una sintesi di consigli pratici:
- Occhio che vede bilancio non duole
Le banche sono colpevoli di latitanza verso i propri clienti, nonostante l’esistenza di ingenti affidamenti. Alcuni segnali di crisi potrebbero essere individuati per tempo, prima che la situazione deteriori fino alla totale insolvenza: se la banca si limita a guardare tabulati ed elenchi di insoluti, la crisi non viene capita e affrontata per tempo. Le banche sono troppo statiche, senza darsi da fare per trovare il modo di assicurarsi il rimborso dei finanziamenti erogati. Ed anche gli operatori bancari soffrono di scarsa motivazione e incapacità di stare vicini agli imprenditori per consigliarli e aiutarli. La riduzione degli affidamenti è il metodo più pericoloso per gestire le imprese in crisi, perché impoverisce il sistema bancario, ha effetti recessivi e mortifica il ricorso al credito. Invece, il sistema bancario potrebbe adottare regole di comportamento comuni, magari condizionando il rinnovo dei fidi ad un programma di ristrutturazione, verificato preventivamente e periodicamente convalidato.
- Prevenire è meglio che curare
Le crisi d’impresa devono essere intercettate prima che arrivino al punto di non ritorno: un lasso di tempo medio di circa due anni. Come riuscirci? Magari introducendo un sistema premiante per gli operatori bancari che individuano una potenziale crisi ai primi segnali invece di scaricare su di essi le colpe di un rapporto che rivela sofferenza, un sistema motivazionale asimmetrico che non aiuta né la banca né le imprese.
- La finanza non è il fulcro
Nel parlare di imprese in crisi, la subordinazione alla finanza si coglie pienamente: gli accordi finanziari non hanno alcun valore se non esiste un piano industriale solido e realizzabile. Le aspettative degli imprenditori non bastano, né i business plan non condivisi tra la banca e l’impresa, con un preciso piano dei costi, dalla gestione del magazzino e dei clienti e da tutti gli elementi che concorrono al successo dell’impresa. Si dovrebbe insomma parlare meno di tassi, condizioni e derivati, e più di margini, di clienti e fornitori, di progetti da realizzare e del loro costo/beneficio.
Accesso al credito
C’è una spirale negativa, che impatta sull’economia, sulle imprese, sui consumi, che bisogna spezzare. I rischi immediati relativi alla mancanza di liquidità sono rientrati, anche grazie alle operazioni della Bce.
Le tensioni nell’offerta di credito «sembrano riguardare, seppure con minore intensità, anche imprese con condizioni finanziarie equilibrate». E «le difficoltà sono accentuate per le aziende medie e piccole, meno in grado di ricorrere a fonti di finanziamento alternative al credito bancario».
In definitiva, tutti devono impegnarsi: imprese, lavoratori, banche istituzioni, senza paura del cambiamento, senza chiudersi nella difesa delle proprie rendite, ma con «consapevolezza, solidarietà, lungimiranza».
Conclusioni sull’Analisi di Bilancio per le Pmi
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